PREPARARE AL MATRIMONIO CRISTIANO
(cari vecchi corsi fidanzati)

Nelle piazze e nelle strade non scorgo più Dio. Respinto dai centri commerciali, allontanato dalle case, scomparso dalle tv, deceduto nei nostri interessi non sembra più risorto. Abbiamo cambiato canale in massa, con il telecomando della diffidenza e dell’indifferenza.
A volte lo guardo nella mia chiesa in disparte, escluso dalla lista degli invitati alla celebrazione del matrimonio, dietro ai mazzi di fiori recisi, tra i bagliori dei flash che danno luce a un’apparente interiorità.


In diocesi è in corso ora un laboratorio di riflessione sugli itinerari di preparazione al sacramento del matrimonio: quegli incontri, cioè, a cui i fidanzati partecipano prima di sposarsi in chiesa. Ovunque calano i matrimoni e le convinzioni di fede, cresce invece l’idea che il sacramento del matrimonio cristiano, in fondo, sia solo un rito fatto di vuoto, di gesti ripetuti, di parole inutili.
Agli accompagnatori dei corsi è stato chiesto di contribuire alla riflessione. Il tema da trattare è così ampio e complesso che mai avrei la presunzione di affrontarlo adeguatamente. Voglio solo scrivere qualche nota personale, qualche semplice pensiero che continua a saltellarmi puntiglioso nella testa.
1) Innanzitutto, è la ricerca di fede che distingue i nostri percorsi dalla formazione laica. È la mancanza di fede il motivo per cui il sacramento del matrimonio è sempre più accantonato con indifferente sufficienza.
Per molti giovani questi incontri sono l’unica occasione per rivedere l’intero significato della loro vita, per puntare ad una famiglia pienamente umana e meravigliosamente cristiana, per scommettere consapevolmente sul Dio di Gesù Cristo, scegliendo l’avventura di una fede adulta.
Se non sapremo dare una risposta autentica, chiara e diretta alla tiepidezza dei cuori, alla cultura dell’indifferenza e del superficiale, altre moderne idolatrie prenderanno il posto di Dio nel bisogno innato dell’uomo di trovare un senso al proprio esistere. Qualsiasi novità nel metodo, nello stile e nei contenuti sarà inefficace senza la fede, senza il desiderio di ricerca della Verità.
Inseguiamo la fede, quindi. Diventerà poi naturale il desiderio di conoscere ciò che si andrà a celebrare.
Ma come?

2) Purtroppo, c’è solo un modo: soltanto la nostra sincera testimonianza d’amore contagia l’amore altrui; solo la nostra fede invita alla fede. Passa ciò che siamo, ne sono convinto, passa ciò che siamo, e Dio per fortuna fa il resto.

3) In ogni caso, conviene partire dalla vita per arrivare alla fede: dai fatti quotidiani della coppia, dalle gioie, difficoltà, paure, valori, progetti e speranze dei due. Soprattutto, dal loro coinvolgente amore. La vita nasce prima della fede, e dalla vita sboccia la preghiera. Basterà guardarla con occhi meravigliati, con gli occhi di Dio.
Dovrà essere un percorso di approfondimento graduale, in cui i futuri sposi sono invitati a scoprire cosa significhi l'amore responsabile e maturo.
La coppia, allora, celebrerà l’incontro del loro amore con Dio nella concretezza del proprio vissuto.

4) Un itinerario fortemente esperienziale, che non inizi da eccessivi nozionismi e verità preconfezionate calate dall'alto. Un percorso che faccia nascere il desiderio di crescita interiore e cristiana, in cui si sveli gradualmente la profondità del sacramento del matrimonio. Un lavoro dapprima personale, poi di coppia e di gruppo, segnato dalla scoperta: di sé, dell’altro, del legame che li unisce, di Dio. Un cammino di crescita e di ricerca di significato che non si esaurisca nel ripiegamento su se stessi, ma che arrivi fino all’inquietudine degli interrogativi di fede. Suscitando domande, limitando le risposte.

5) Noi cristiani partiamo favoriti perché la nostra chiesa porta in sé il messaggio più sconvolgente e i contenuti più profondi di un uomo-Dio che mai nessun altro avrebbe potuto annunciare. Noi, figli di un Dio umile e follemente innamorato di noi.
Non capisco perché, molte volte, indeboliamo il nostro annuncio con un linguaggio tecnico, complicato o retorico, se non addirittura di elite, in un atteggiamento di arrogante esibizionismo religioso. Uno stile, secondo me, che allontana la chiesa dalla gente, caratteristico di molti documenti ufficiali, celebrazioni, conferenze e di qualche incontro di preparazione al matrimonio religioso. Gesù parlava con il linguaggio dei bambini (Abbà), dei pastori e dei contadini, sapendo trasmettere contenuti straordinari.
Le coppie che incontro hanno il bisogno di essere ascoltate e capite prima di essere edotte e istruite. E, ormai, rifiutano con nausea le parole che sottintendono concetti complessi e poco spiegati, gli intellettualismi, le frasi fatte, i termini che non appartengono al linguaggio corrente, o anche le preghiere poetiche ma che risuonano vuote di un dolciastro sentimentalismo. Ora più che mai, sento la necessità di un linguaggio diretto, immediato, empatico. I profondi concetti teologici e i complicati pensieri possono risultare precisi, doverosi, eleganti, interessanti, ma difficilmente cambiano il cuore.

6) Io sono consapevole della mia mediocrità di accompagnatore e mi è più facile semplificare alcuni concetti teologici meravigliandomi assieme ai fidanzati della profondità di ogni parola della formula di manifestazione del consenso. Mi piace raccontare loro, con tanto entusiasmo e con la bibbia in mano, di un Dio che si emoziona più dei loro genitori, in quella chiesa, di fronte alla bellezza della loro unione. Un Dio Onnipotente che si avvicina, si piega, si scomoda per accarezzarli con la sua grazia, assicurando la sua presenza. Un Padre che li trasforma cambiandogli il cuore, donandogli una nuova identità, consegnando una nuova missione, tanto difficile quanto semplice: quella di volersi bene sempre, per testimoniare a tutti il loro amore. In tal modo renderanno credibile l’Amore davanti agli occhi degli uomini. Insieme uniti, a immagine di Dio maschio e femmina, avranno il compito e la responsabilità di portare quel Dio nel mondo, attraverso ogni loro gesto d’affetto.

7) Noi accompagnatori di questi incontri cerchiamo con tanta buona volontà di seguire la coppia in tutti i suoi aspetti, ma in genere, non siamo dei professionisti psicologi o sociologi e non dovremmo sentirci tali. Di fronte ad un eventuale corso tenuto da esperti, potremmo fare la figura dei cuginetti poveri, se il nostro obiettivo principale fosse quello di formare psicologicamente la coppia.
È sicuramente doverosa, comunque, una preparazione accurata da parte degli accompagnatori, perché oggi non sono più sufficienti i consigli generici e i buoni propositi, ma prima di tutto è necessario un atteggiamento di grande umiltà di fronte al mistero dell’uomo. Non siamo certo grandi maestri di vita, ma possiamo diventare compagni di cammino, quando abbiamo il coraggio di condividere la nostra esperienza e i nostri errori, i valori e la fede in cui crediamo.
La nostra testimonianza, forse, arriverà a raccontare Qualcosa di più grande di noi, che va al di là dei nostri limiti e ci trascende.

8) La fede, in ogni caso, non deve mai essere data per scontata in chi ci ascolta, nonostante la chiara scelta del matrimonio religioso. Rischiamo di costruire uno splendido castello sopra pericolanti dubbi ancora da risolvere. Siamo tenuti, innanzitutto noi accompagnatori, a rivedere i motivi ragionevoli della nostra scommessa su Gesù di Nazareth. Se smontiamo dal piedistallo delle nostre verità indiscusse e preconfezionate, allora potremo incontrare le incertezze altrui. Se saremo "ragionevolmente" credibili, allora potremo aiutare a credere gli altri.
Dobbiamo tutti cercare per scegliere. O Dio esiste o Dio non esiste, e in entrambi i casi il senso della nostra vita cambia radicalmente a seconda della scelta. E' necessario liberarsi dalla pericolosa tiepidezza dei nostri giorni affrontando i grandi interrogativi esistenziali, i difficili perché della vita. Dio vuole incontrarci, credenti o non credenti, ma è nauseato da chi è indifferente. Per costoro usa parole terribili che fanno rabbrividire il cuore: "Poiché non siete né freddi né caldi, sto per vomitarvi dalla mia bocca" (Apocalisse 3).

9) Noi cristiani abbiamo l’opportunità, e quasi il dovere, non solo di parlare, ma anche di imitare quello sguardo benevolo di Gesù, capace di accogliere con affetto e penetrare con intensità la condizione umana, qualunque essa sia.
La nostra accoglienza spontanea, discreta, profonda, incondizionata per tutti, riuscirà a creare uno spazio amico attorno a noi, un punto di ristoro, in cui potrà ricaricarsi e ripartire con speranza, ogni coppia e ogni uomo stanco e confuso dal difficile cammino della propria vita.

10) Il decimo punto, il più importante, lo lascio scrivere a voi. È fatto di ogni vostro prezioso pensiero. Qualche saggia parola, un breve commento per aggiungere spessore a queste semplici, limitate riflessioni.


(vedi anche il post Preparare al sacramento del matrimonio - 2)

7 commenti:

  1. Siamo un pò maestri, secondo me, perchè portiamo la nostra esperienza, mostriamo, testimoniamo che un Amore Vero è possibile, gustando la fatica del quotidiano vivere condita con speranza, umiltà e Fede. Quest'anno, in questa prima esperienza, ci siamo sentiti testimoni, ma anche maestri, perchè così come Lui si è messo al servizio,anche noi, nel nostro piccolo lo abbiamo fatto, abbiamo donato la testimonianza della nostra vita, "spezzato il pane" della Vita di Coppia e l'abbiamo messo nelle loro mani, perché è veramente tutto nelle loro mani. Ciò che mi ha colpito del corso è stata, fin da subito, l'attenzione alla Persona, al suo ben-essere, e la cura della sincera testimonianza che non teme di ferire, ma vuole veramente il bene delle persone. Sento che, e questo non è sempre vero in tutti gli ambienti religiosi che frequento, avere a cuore la crescita delle persone vuol dire mettere la verità davanti a loro, affinchè siamo liberi.

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  2. Tutti siamo pieni di impegni. Indaffarati, abbiamo poco tempo. Ma oltre alle tante cose urgenti, ci sono anche le cose importanti.
    Io vorrei sempre trovare il tempo e il coraggio di testimoniare la bellezza del matrimonio, la forza di un sacramento che lega per sempre e libera il cuore.
    Voglio dire a tutti che essere sposi ne vale la pena. È difficile e faticoso, ma possibile con Dio e meraviglioso nell’amore.

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  3. Nella mia esperienza di matrimonio cristiano posso dire di aver capito che al momento del "sì" si è in tre: lo sposo, la sposa e Dio. Egli è il primo che si impegna con la coppia perchè non mancherà di dare le sue grazie a chi Gliele chiede. La fedeltà tra un uomo e una donna non è una cosa umana, ma divina. L'amore che lui ci chiede supera le nostre forze. Egli lo sa e per questo si impegna ad aiutarci, perchè lui è giusto.
    Per tale motivo non ci negherà l'aiuto necessario, soprattutto nei momenti difficili.
    Il sacramento del matrimonio ci dà Dio come garante se noi lo accettiamo nella nostra vita.
    Provare per credere!

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  4. Quando nel gruppo si respira armonia e semplicità francescana e il clima con le coppie è cordiale e spontaneo, quando i valori importanti sono la chiarezza e la sincera umiltà, allora è molto più facile crescere insieme e vivere un'esperienza di fede.

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  5. Un tempo ho percorso un mio cammino di fede e dopo molti anni mi sono cresimato per poter avere la possibilità di sposarmi con rito cristiano. Tuttavia la verità è che amo il significato del matrimonio cristiano e condivido molti valori cristiani (non tutti) ma tuttavia a Dio non riesco proprio a credere. L'esistenza di Dio riesco a vederla come un bisogno umano e una speranza ma credere in Dio lo ritengo un pigliarmi in giro, una scelta di comodo per vivere più sereno e io voglio cercare di vivere secondo verità, alla ricerca della verità. Dio non mi sembra una risposta credibile, sicuramente rappresenta una bella metafora ma sceglierlo come "Via" è parziale e si rischia di vivere in una realtà illusoria.
    Detto questo non credo affatto che la nostra società, così come la famiglia, abbiano bisogno di un cammino di fede ma di una riscoperta di valori veri e dei benefici che questi offrono alla nostra vita.
    Luca ( http://nebbiatamburiezanzare.blogspot.it/ )

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    1. Mi è venuta voglia di risponderti Luca.
      Nessuna presunzione di dire una verità che sia giusta per tutti. Credo che questo spetti al Vangelo. Ti voglio solo dire la mia esperienza di vita, ti voglio raccontare la mia fede.
      Ti dico che io non so spiegare che cos’è la fede; in fondo la fede, come dici tu, potrebbe essere scambiata per auto illusione…Ho bisogno di aggrapparmi a qualcosa, ho bisogno di vivere la mia realtà, la mia certezza…Ho bisogno di aggrapparmi all’esile fiammella che mi fa vedere che non finisce tutto con la morte di una persona cara…Ho bisogno della Tua onnipotenza per una mia, anche piccola, sicurezza Signore…
      Non è questa tutta la fede che una persona può avere. Non è nemmeno la fede sbagliata. Non è un’illusione. Questa è la fede che ci è data in dono.
      Quando, ormai ventisette anni fa, mia mamma stava per morire, io avevo esattamente questi bisogni; e avevo paura che credere fosse un’illusione. Avevo paura che Dio non fosse così onnipotente da sentire proprio me, che gli chiedevo di lasciarmi mia mamma perche avevo bisogno di lei, perche un anno dopo mi sarei sposata, perché non le avevo detto tutto il bene che le volevo, perché era giovane, perché…non era giusto che morisse!
      Pregavo e piangevo. Ero arrabbiata e avevo paura di esserlo. Dicevo il Padre nostro e mi fermavo al “sia fatta la tua volontà”. Era rischioso pronunciarlo…non lo volevo nemmeno pensare.
      Adesso posso leggere quei momenti. Posso vedere che, comunque, anche quella era fede.
      La fede forse è aver bisogno di certezze. Aver “bisogno” di certezze, non, avere certezze. Se io ho quelle certezze, che bisogno ho di aver fede? Vedo; credo perché vedo.
      La fede è in movimento. Cammina con me.
      La mia fede mi invita a leggere il mio passato e a vedere le impronte che ha lasciato.
      Mia mamma è morta in quattro giorni, il quattro di luglio.
      Per tanto tempo mi sono chiesta se la serenità che sentivo era un’illusione o se veramente era ciò che avevo chiesto a Dio nella chiesa di padre Leopoldo, a Padova. Lì ero riuscita a dire quel “Sia fatta la tua volontà”.
      La fede ha continuato a lasciare le sue impronte durante tutta la mia vita. Non riesco a spiegare con le parole la percezione della sua presenza. Non sarebbe neanche giusto, in fondo.
      Credo che la fede sia “l’accoglienza della fede”.
      Come posso conoscere una persona se non la voglio incontrare? Chi è quella persona per me se non una come tante altre che incontro in una grande città? Posso rispettare tutti, posso anche amare tutti, ma non posso abbracciare e farmi abbracciare da chi non accolgo.
      Chi è il Signore per me?
      È Gesù Cristo, del Vangelo.
      Posso vedere la sua presenza sulla mia vita passata. È lui che ha lasciato le impronte su ciò che ho vissuto, ciò che ha caratterizzato le scelte più importante della mia vita, ma soprattutto ciò che ha reso possibile che diventassero buone scelte.
      La mia fede è diventata la “nostra” fede da quando ho sposato Antonio. E anche questo è un miracolo. Non riesco a spiegarla, la ridurrei. Ciò che la spiega è la vita. Ciò che posso fare è leggere la mia vita alla luce della fede che cammina con me, con “noi”, e lasciarmi abbracciare dal Signore che ogni giorno mi chiede di lasciarlo entrare nella mia, nostra vita.

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  6. Vedo solo ora la risposta...
    Che strana coincidenza pure mia madre è morta di tumore e io avevo 21 anni. La fede è una cosa difficile da descrivere lo ammetto e io non posso neanche sostenere con certezza se ho fede.
    Ma sono abbastanza sicuro di non credere nello stesso Dio dei cattolici.
    La mia fede può forse essere descritta come una fiducia che in qualche maniera la coerenza verso i propri ideali verrà premiata. Probabilmente penso che verrà premiata con una vita più piena e vera e con la stima che forse per un po' sopravviverà alla morte inevitabile.

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