In una sera d’inverno, una semplice finestrella di legno e una tendina, pochi pupazzi di tela e un po’ di fantasia hanno saputo creare uno spettacolo "dal vivo", fatto di situazioni ordinarie e pur speciali, dove i bambini si sono potuti ritrovare.
Ecco un mondo popolato da personaggi molto più umani di quelli televisivi, disposti a creare relazione e partecipazione, inclini alla semplicità, capaci di educare alla sincerità...
Mia sorella è un tipo speciale. Con i bambini ha le sue idee originali e le sue soluzioni. Io mastico informatica e smanetto computer, lei è maestra elementare e maneggia bambini. Non c’è paragone.
Persino i suoi regali sono strani. Quando si è presentata a casa mia con il suo sorriso sornione e un teatrino dei burattini, mi sono subito chiesto se quell’oggetto avrebbe potuto competere con il nostro nuovo home theatre, carico di film e cartoni animati digitali, pieni di effetti speciali e audio surround, in grado di incollare sguardi e udito al grande schermo del salotto e alle sei potenti casse collegate all’impianto HiFi.
Guardo scettico i diversi burattini: una fanciulla per bene, sicura prima donna dello spettacolo; un carabiniere autoritario che arresterà di certo quell’altro diavoletto cattivello; una nonna mite e saggia in grado di dare buoni consigli e un giovanotto pigro e mattacchione, probabile protagonista, come tutti i bambini, di goffe situazioni ordinarie, di piccole fatiche quotidiane.
In poco tempo invento una storia banale, inguanto due burattini e li faccio sbucare dalla tendina del sipario.
Le voci, diverse e simpatiche, attirano immediatamente la curiosità dei due figli minori che scoprono, con piacevole meraviglia, che i personaggi in scena vogliono chiacchierare proprio con loro: chiedono informazioni e si fanno aiutare; rispondono alle domande e danno consigli. Interattività avanzata, intelligenza artificiale e capacità empatica di terza generazione. Mai visto niente di simile in TV.
«Come ti chiami, fanciullo?» esclama quel piccolo essere tridimensionale.
«Sai dirmi dove è andato quel furfante?»
E poi: «Vedo, invece, che tu sei un bambino bravo e sincero. Ti piace andare all’asilo?»
A questa domanda, però, mio figlio si fa triste scuotendo la testa in segno di negazione.
Interviene la buona nonnina: «Come mai? Non ti diverti?»
I più piccoli non distinguono molto bene la realtà dalla finzione. Mio figlio crede davvero di raccontare i suoi segreti ad una anziana e dolce signora, capace di ascoltarlo e di capirlo. Senza l’imbarazzo di essere giudicato dal suo genitore.
«Non ci voglio andare. Non voglio disegnare. Faccio dei brutti disegni. E, anche se la maestra dice che vanno bene, io vedo la mia compagna farli molto più belli.»
La nonnina allora cerca di rassicurare, come può, l’ansia da prestazione del piccolino. Interviene anche il pigro giovanotto, incompetente ed imbranato molto più di lui. Ma sarà, in seguito, la sua vera insegnante della scuola dell’infanzia, più che disponibile ed informata, ad aumentare la dose delle lodi e a dare tranquillità al mio triste scolaretto.
In una sera d’inverno, una semplice finestrella di legno e una tendina, pochi pupazzi di tela e un po’ di fantasia, hanno creato uno spettacolo "dal vivo", fatto di situazioni ordinarie e pur speciali, dove i bambini si sono potuti ritrovare.
Ecco un mondo popolato da personaggi molto più umani di quelli televisivi, disposti a creare relazione e partecipazione, inclini alla semplicità, capaci di educare alla sincerità.
Ancora una volta, devo ammetterlo, il vecchio trucco di una brava maestra, ha battuto l’attraente novità di una moderna tecnologia.
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