DISTURBO ELETTROMAGNETICO... in famiglia

Appoggio schiena e testa al sedile dell’auto e mi rilasso, mentre guardo sfilare noiosamente il traffico in senso contrario. “Papà, accendi la radio. Dai!”, insistono i miei figli.
Allungo la mano fino a toccare il tasto di accensione, ma poi indugio. Provo un senso di repulsione verso quel groviglio di suoni e di onde radio di ogni frequenza che quotidianamente mi stordiscono saturando il cielo che mi sovrasta e l’aria che respiro.
Un’indigestione di rumori e di onde elettromagnetiche che si intrecciano e si scavalcano, si sorpassano e rimbalzano da antenna ad antenna entrando in ogni luogo e in ogni testa, spazzando via anche i pensieri.
Eppure, pochi anni fa l’etere era calmo e placido, attraversato semmai da qualche rintocco di campana che scandiva il lento passare del tempo. Ora, ogni metro, centimetro e millimetro di cielo e di spazio, è impregnato di suoni, dati, immagini, messaggi e pubblicità, sparati senza sosta nel caos di questa frenetica società moderna.
Basterebbe sostituire solo alcune di quelle antenne di metallo con le antenne della nostra sensibilità, per trasmettere e recepire i rispettivi pensieri e sentimenti in un ascolto empatico e reciproco, cercando, magari, qualche attimo di dialogo con noi stessi o condividendo qualche momento di comune serenità in famiglia.
Quando, però, riesco in qualche modo a chiudere la porta ai vari dispositivi elettronici e a schermare la mente dal disturbo di tante lunghezze d’onda, allora mi isolo, salgo in su e guardo dall'alto. Vedo il brulicare umano nell'agitato rumore di fondo. Da qui il mondo mi appare come un colorato acquario disperso nello spazio immenso e silenzioso.
Miliardi di micro-pesciolini dentro nuotano ignari nelle loro attività e nelle loro preoccupazioni, senza oltrepassare il pelo dell’acqua, stringendo salda in tasca la loro personale verità. Qualcuno ha cercato con fatica a fare un saltello fuori dall'acqua e a dare un’occhiata a ciò che è mistero.
Pochi altri guardano curiosi dal vetro, nel buio esterno, facendosi qualche strana domanda sul significato del loro vivere e procedere alla deriva nell'universo. Un senso di stupore e di inquietudine li avvolge e mi avvolge.
Forse anche costoro vengono distratti dal continuo vociare retrostante, ma sono più attratti da quel preciso e comune interrogativo.
Anch'io mi vedo immerso in tutto questo. Vivo e mi muovo nel rumore che tutto pervade, ma voglio continuare a guardare oltre la superficie, al di là delle mie piccole sicurezze, oltre quella barriera di vetro.

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