Giorni strani, questi. Non ci sono abituato. Ma domani probabilmente cambierà e, purtroppo, ritornerà tutto come prima.
Da qualche tempo in famiglia, le cose sembrano andare magicamente per il verso giusto: con i figli i rapporti sono affettuosi e rispettosi; c'è intesa fra me e mia moglie, attenzione reciproca e gesti gentili. I piccoli screzi sono superati con l'uso del dialogo, del rispetto e persino della cortesia. A dire il vero, a casa mia, questi momenti sono piuttosto rari. Si abbassano difese e ci si abbandona l'uno all'altro, fidandosi a vicenda. Cosa succede? A quale arcano incantesimo siamo stati sottoposti?
Non ne sono certo, ma questa volta dovrebbe essere una questione di aspettative soddisfatte da reciproche attenzioni, oppure semplicemente il risultato di qualche attesa ridimensionata.
L'uomo non è fatto di sola carne, né di sola ragione, ma in buona parte di sentimenti, emozioni e sensazioni, che prendono corpo nell'umore, nelle azioni e anche nei propri tratti somatici. Attraverso di essi percepiamo la vita, le cose esterne e persino noi stessi. Tra questi sentimenti spingono con forza da dentro le aspettative non ancora realizzate e i desideri quotidiani, entrambi responsabili del nostro senso di soddisfazione. Così funziono anch'io.
Quando mi attendo qualcosa di più dal mio vivere o qualcosa di diverso dai miei figli o da mia moglie, quando immagino una situazione ideale sognando un cambiamento, ho la seria probabilità d'incorrere nella delusione o, peggio ancora, nella rabbia, diventando cupo e intrattabile, nervoso o depresso. Quelle fastidiose aspettative mi intristiscono, quelle illusioni infrante mi opprimono.
Anche chi si ritiene felice o beatamente innamorato non creda di essere immune da una crisi da aspettative mancate. Perfino i motivi più sciocchi e banali, ma ricorrenti, possono corrodere lentamente la serenità familiare.
Immagino una serata tranquilla o romantica? A casa trovo il caos di quattro figli maschi e rivali.
Programmo il tempo libero per le mie passioni? Non c'è più tempo.
Mi aspetto dolcezza e attenzioni da una moglie stanca e indaffarata? Meglio lasciar perdere.
Desidero essere ascoltato e capito, una parola di conforto, un regalino, una coccola, un semplice aiuto, un momento insieme, ma il momento è sbagliato? Potenziali aspettative mancate, altrettante probabili liti innescate.
E allora? Come possono esistere giornate serene come questa?
Vista la mia inettitudine, è necessario almeno un 30% di fortuna, poi, un terzo di aspettative comunicate con precisione, un terzo di attenzioni donate con impegno; un pizzico di autoironia e umiltà quanto basta.
Qualche giorno fa, in attesa del primo ingrediente, mi sono deciso a spiattellare i miei desideri nascosti a mia moglie, senza alcuna pretesa, ben sapendo che nulla è dovuto.
Non è stato facile. Anzi, direi piuttosto complicato e imbarazzante. L'ideale, per me, sarebbe che i miei familiari capissero da soli ciò che desidero, rispondendo con premura e attenzione ai bisogni intimi del mio cuore, ma è solo fantascienza. Nessuno di loro purtroppo sa ancora leggere nel pensiero, mentre sensibilità e desideri sono decisamente diversi in ognuno di noi.
È necessaria allora l'umiltà dello svelarsi, del raccontarsi a voce alta, portando in superficie le aspettative che abbiamo dentro, anche quelle più inconfessabili, di cui ci vergogniamo, sperando vivamente che l'altro sia disponibile ad ascoltarle.
Senza umiltà non si può essere felici, né far felice alcuno, specialmente in famiglia. Dialogo e umiltà permettono il cambiamento, rendono più morbide ed elastiche le relazioni. Proprio quando non dobbiamo più difendere il nostro orgoglio e la nostra immagine, quando siamo liberi dal bisogno di sentirci "qualcuno", allora costruiamo relazioni vere, cominciamo a diventare utili agli altri, strumenti nelle mani di Dio e, magari, anche un pochino più simpatici. Chissà mai se un giorno imparerò. Per ora, purtroppo, devo affidarmi ancora molto alla fortuna.
Il terzo ingrediente: l'attenzione e la disponibilità a capire i desideri altrui, è davvero faticoso ma essenziale in ogni relazione familiare. Senza attenzioni reciproche i rapporti si raffreddano e si inaspriscono. Voler bene a qualcuno è facile quando si riduce a una semplice emozione. Volere il bene dell'altro, invece, è un bell'impegno e un atto di volontà.
Qualche piccolo sforzo a favore dei miei cari, comunque, ha sempre valso bene la loro gioiosa riconoscenza. Perché, cercare la felicità per se stessi significa far terra bruciata in famiglia e odora di egoismo. Cercare la felicità insieme, invece, crea complicità ed è sinonimo di amore.
Proprio per questo, nella ricerca del bene comune, non sempre attese e aspettative possono essere interamente realizzate. È favorito chi impara a ridimensionarle con realismo e autoironia, osservandole in modo distaccato. Lo sa bene chi è anziano o chi è figlio di tante illusioni passate e ormai superate. Questo non equivale ad accontentarsi, né, tantomeno, a rassegnarsi ad una vita sotto tono. Significa reagire positivamente ad ogni situazione gustando il buono che già si ha, senza il rischio di buttare tutto per il poco che manca. Vuol dire creare famiglia e rapporti solidi e duraturi, anche se imperfetti, accogliendo come dono non dovuto ogni piccola soddisfazione raggiunta in ciascun passo condiviso del cammino quotidiano.
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